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lunedì 28 dicembre 2009

in vino veritas

Ci risiamo. Ogni anno in questo periodo Madama Televisione ci rimpinza con le stesse pietanze. Che poi non sono altro che minestre brodose di verdure indistinguibili, le quali a furia di essere riscaldate hanno assunto un sapore indefinibile. Considerando canone da pagare, pubblicità da sorbire e smart card da acquistare è un pò come andare ogni anno al cenone di capodanno e vedersi portato in tavola lo stesso pasto degli anni passati, nella stessa sequenza, dagli identici camerieri, e naturalmente è sempre lo stesso pesce che 20 anni prima il capocuoco aveva surgelato in un frigo grande come lo stadio di S. Siro.
Io, dopo un discreta quantità di spumante (che si sa, concilia l’attività cerebrale) credo di aver capito il motivo per cui questo fenomeno di ripetizione ciclica si verifica.
Ciò avviene perché quei gran paraculi dei giornalisti italiani vanno in ferie dal 15 dicembre al 7 gennaio. Non a scaglioni, ma in massa, come i pinguini in marcia. Infatti, restano indietro solo gli elementi più deboli o quelli più sfigati. Magari, esiste una loro lotteria annuale con estrazione al 1 dicembre, dove chi vince in realtà perde, poiché dovrà restare a lavorare.
Suvvia, siamo onesti, è lampante che da metà dicembre ad inizio gennaio nelle redazioni restano solo una decina di oscure Sentinelle dell’Informazione, appostate là nelle ridotte e  nei fortini in caso arrivi la Notizia, quella che nessuna testata può permettersi di bucare. Questi poveri sfigati sono là, in  vuota attesa di un qualcosa che dia dignità alla loro condizione, come il buzzatiano Tenente Drogo ne “il deserto dei Tartari”.
Volete le prove ? Bene, eccovi tre indizi, che come si sa insieme fanno una prova. Ammetto che non è semplice individuarli, ma li si scorge se uno osserva attentamente e poi con un salto intuitivo (probabilmente merito del dopante spumante di cui prima) si rivela il terribile segreto del giornalismo italico.
Primo indizio. Ogni giovedì precedente le feste, c’è il giornalista di turno che intervista l’Uomo del Monte, che si fa apostolo dello scoramento di un’intera valle, predicando delusione, preoccupazione e disperazione (in questa sequenza e con un crescendo rossiniano) perché ancora non ha nevicato. Intorno a loro la nuda roccia bluastra e la sensazione di freddo triste, tipo frigorifero vuoto.
Al venerdì, nuovo giro. Lo stesso reporter sempre in compagnia dello stesso personaggio, il solito rubicondo ed iracondo maestro di sci/albergatore/allevatore di gatti delle nevi. Intorno a loro, quella terra prima nuda come una ballerina di Chiambretti è stata rivestita da una candida coltre di neve, che i norvegesi a vederla fanno «MINCHIA !».
Il montanaro però, sbraita lo stesso; il problema è che ora sono interrotte le vie di comunicazione ed è bloccato l’accesso alle stazioni sciistiche. A questo punto il telespettatore perde interesse alla notizia, di solito dopo aver formulato questo solidaristico pensiero «...ma che cazzo pretendi, che il Padreterno ti faccia nevicare solo sulla pista da sci ?Ma va a cacare, che l’ultima volta mi avete affittato un paio di sci a 200 euro a settimana e fatto pagare 4 caldarroste come una cena in pizzeria !».

Due. Focalizzate la vostra attenzione sul vero must giornalistico di dicembre-gennaio: il servizio sul troppo cibo ingurgitato sotto le feste (la cui immagine speculare è quella sulle diete pre-vacanze estive). In genere, c’è una cronista femmina a fare le domande, un pò perchè l’uomo comune si ferma a rispondere se a chiedere un commento è una componente dell’altro sesso, che pare (ma finge) interesse per ciò che ha da dire; inoltre, di fronte ad una donna che invita ad una recriminazione sul troppo cibo (o sulla necessità di perder peso a giugno) anche le donne rispondono al richiamo della foresta e dicono la loro. Così parte il calcolo dei miliardi di calorie che gli italiani ingurgiteranno dal primo dicembre al 6 gennaio, un valore numerico che al solo sentirlo un bambino del terzo mondo sviene. Ora, di fronte a questi servizi pseudo-giornalistici, a me viene da pensare sempre e solo ad una risposta da dare agli illustri (per pochi secondi) sconosciuti intervistati: «Mangiate di meno, porci. Altrimenti non lamentatevi in diretta tv». Certo, per giungere a siffatta conclusione, articolerei il ragionamento fondante così.
- Hai il problema del troppo cibo a Natale ? Allora vai in vacanza, magari in un caldo posto di mare e torna il 6 gennaio magro ed abbronzato. Obietti che costa troppo ? Non diciamo fesserie, con quanto spendi per stupidate sotto le feste, ti paghi un giro del mondo di un anno. Non credi di poter sostituire l’ennesimo pigiama/cravatta/sciarpa al nonno con una cartolina dai Caraibi ? Non puoi rinunciare al Babbo Natale impiccato alla finestra o che dà la scalata al balcone come un emulo di Messner o Arsenio Lupin ? stai male se non illumini casa tua come un casinò di Las Vegas ?
Inoltre, ti vieto di usare come con me, a giustificazione del tuo spanzamento, la solita litania «è il periodo festivo che è troppo ricco di tentazioni», perchè è un alibi che non funziona. Non ne avrebbe la possibilità nemmeno se fosse propugnato da Perry Mason ad una giuria di monaci buddhisti che avessero fatto voto di indulgenza. Se fosse sufficiente dir questo, allora, adottandolo costantemente alla vita di tutti i giorni, io anni fa avrei realizzato un attentato dinamitardo nello studio di “Quelli che...” quando fossero stati presenti  la Ventura, Malgioglio, la Marini, la Lecciso ed altri inutili orpelli della televisione italica ed il giudice mi avrebbe assolto dicendomi che in fondo se l’erano cercata. Quindi caro/a sconosciuto/a che cianci e te la piangi in tv per il lardo che hai accumulato su culo, panza e fianchi, evita di volere la mia compassione o solidarietà se non riesci ad impedire di far passare dal tuo gargarozzo ogni cosa che sia ricoperto di strutto o zucchero.

Terzo ed ultimo. Con questo gli indizi diventano prova della diabolica macchinazione dei giornalisti.
Non è mai mancato (almeno da quando fu inventata la tv) a ridosso delle vacanze il servizio sulla crisi dei negozianti. Quì, l’infernale complotto raggiunge l’apice. Innanzitutto, i venditori di parole hanno bisogno di entrare in combutta con i commercianti e per rendere più credibili e lacrimevoli le loro parole di disperato soccorso, credo, le associazioni di categoria dei vari mercanti, assumano delle prefiche di professione, consumati attori di teatro, con predisposizione al dramma. Ciò, affinchè essi con l’arte propria inducano il telespettatore in uno stato di latente commozione (cerebrale), che darà i suoi frutti allorchè l’uomo comune -uscito per acquistare un chilo di noci, ma memore a livello inconscio dell’immagine del bottegaio che mestamente porgeva a favore di telecamera la foto di moglie, figli, cane, gatto ed amante, in sua trepidante attesa- finirà per comprare tanti viveri che la FAO in compenso è un pizzicagnolo prossimo alle ferie.
Se, però, osservate attentamente i gemebondi esercenti, noterete che sono tutti molto simili.
Il gioielliere mogio mogio nella sua vetrina dev’essere imparentato con l’avvilito pescivendolo. Il primo è in completo blu notte, il secondo ha di diverso l’assenza della giacca, della cravatta, ma indossa la stessa camicia con le maniche arrotolate sugli avambracci, aperta fino al terzo bottone, che si possa vedere la catena d’oro persa nel pelo mascolino ed uno zucchetto di lana nero in testa.
La titolare della boutique di alta moda sarà la gemella, la sorella o la cugina della signora del negozio di elettrodomestici, solo che non ha il tailleur ed i gioielli, ma una semplice camicetta ed è più spettinata.
Perciò, eccomi a rimuginare che le redazioni si mettono d’accordo tra loro, in base alle proprie esigenze -«a me serve un negozio di telefonini... a noi un pasticciere... per il tg della sera occorre una profumeria»- e si scambiano i negozianti a giro. Allo stesso tempo non posso credere a quanto sostengano i commercianti. Ogni anno sono in crisi, chiudono al 31 dicembre in passivo, sono sull’orlo della bancarotta, quasi sulla strada. Non può essere vero, cazzo ! Non può per il semplice motivo che se fossero in deficit finanziario sempre, chiuderebbero. A meno che non siano come l’Inter, che ha Moratti che ad ogni consuntivo finale apre il suo portafogli (delle dimensioni della Divina Commedia del Dorè) e ricapitalizza.

Ecco, ho vuotato il sacco. Mi scuso per il prolisso sproloquio, ma il mefistofelico piano di presa in giro dei giornalisti andava svelato. E cmq, non si preoccupi nessuno (anche se immagino che nessuno lo farebbe, al di là delle mie rassicurazioni), prendendo esempio da loro, riposterò questo frutto del mio spumantino alcolismo a fine dicembre 2010.

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