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lunedì 12 aprile 2010

calcio e calci

L’altra sera, le 22 circa, casa mia.
Ad un tratto ho sentito un urlo. Non di terrore o qualcosa di
analogo, bensì il classico, rabbioso ed insieme godurioso, urlo collettivo da stadio. Avete presente no ? Lo stesso tipo di orgasmo orgiastico che si sviluppa quando in una stanza, di fronte alla tv, sta un branco di ultras casalinghi o da bar e che di colpo vedono la preda artigliata ed azzannata alla giugulare da un colpo di testa, da un tocco liftato, una cannonata da fuori area o qualunque cosa riesca a spingere quella maledetta palla in fondo alla rete. Bene, proprio questo tipo di grido felice e liberatorio. Proveniva dai tifosi dell’Inter, rintanati nel bar a 50-100 m. dalla stanza in  cui ero e me lo sono sentito in casa, nonostante la tv accesa. L’ho riconosciuto subito come tale. Infatti, lo aveva provocato Etoo segnando l’1-2 in rimonta contro la Fiorentina. Ma questi sono dettagli. Che avesse fatto gol l’Inter era chiaro già quando è detonata quella bomba di euforia comune. Era un grido di gioia cristallina (se avesse un colore le attribuirei l’azzurro dell’acqua di una sorgente di montagna).
Un minuto dopo è stata la volta di un altro urlo
tarzan, stavolta un po’ più rauco, ma più tagliente; non liberatorio, ma intriso di veleno.
Non schiamazzo da milanisti o romanisti, ma da juventini. Rossoneri e giallorossi, avevano tutto da guadagnare da una caduta della lepre neroazzurra, la loro voc
e avrebbe avuto le stesse caratteristiche di quella degli interisti. Qui No.
Questo era un grido portatore sano di sadismo
calcistico. Quello che ti fa esultare solo perché l’altro perde, senza che per tua squadra la cosa cambi di una virgola.
Se dovessi indicare un colore per questa esplosione di energia, direi il giallo della mostarda un po’ irrancidita (caso curioso, immagino sia anche il colore dell’invidia), però con degli schizzi di rosso vermiglio. Ecco, era un grido astioso ed affilato come un rasoio, che brucia come una spruzzata di peperoncino nell’occhio per colui che lo subisce.
Ho capito che la Fiorentina aveva pareggiato. E ne ho gioito, da milanista; una gioia blu denim , ma anche violacea. “Fottetevi, stronzi”  ho pure pensato (ed ecco spiegato il viola).
Ho compreso, oltretutto, un’altra cosa. Ma ci è voluta una rimuginazione post pranzo domenicale per arrivare all’Illuminazione. Dunque, prendere gol un minuto dopo che l’hai fatto tu è la sofferenza peggiore.  Si, qualcuno potrebbe dire che è peggio prenderlo al 90’ su autogol, ma non è così.
Se vinci con un solo gol di scarto, negli ultimi 10 minuti, stai sempre con la fiduciosa attesa della vittoria, ma in un angolino remoto del tuo cervello, anche se assisti a Barcellona-Pontedera e tieni per il Barcellona, lavora tarlo dell’ipotetica catastrofe. Lui buca la corteccia cerebrale col presentimento pessimistico del “cazzo, ora vedi che con una palla fetente e traditrice ci pareggiano”. Così, anche se prendi gol, alla fine quasi quasi te lo aspettavi o cmq, hanno interrotto una felicità ancora non pienamente sviluppata. Addirittura i più ansiosi tirano un sospiro di sollievo perché catapultati fuori da questo limbo di incertezza ottimistica. Qualcun altro più pessimista addirittura esulta con “l’avevo detto io” . E questo, di solito, è l’episodio scatenante le zuffe tra tifosi della stessa squadra.
Quando, invece, ti fanno gol 30 secondi dopo che l’hai fatto tu è diverso. Subito dopo una rete della tua squadra la gioia è al suo acme, sta ancora esplodendo. Ci sei solo tu, quelli sugli spalti e gli altri dentro il terreno di gioco, tutti accomunati dalla identica festosa allegria, si realizza una fratellanza gioiosa, come se si stesse brindando al nuovo anno, ebbri di euforia. C’è la totale assenza di qualsiasi altro pensiero negativo. Non hai materialmente il tempo di pensare a qualcosa che possa farti male, sei troppo contento. Il gol avversario, è un’autentica coltellata nel buio. Arriva il dolore e non ti rendi conto nemmeno da dove.

Ecco, questo succede.
MARIO

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